Osteonecrosi delle ossa mascellari farmaco-relata: cos'è
È vero che l’osteonecrosi delle ossa mascellari può essere scatenata dall’assunzione di alcuni farmaci?
Negli ultimi tempi si assiste a un continuo aumento di pazienti che, per la cura di varie patologie, utilizzano bifosfonati o altri farmaci anti-riassorbimento osseo e inibitori dell’angiogenesi, che possono causare osteonecrosi delle ossa mascellari.
Sono prodotti specifici che vengono impiegati per combattere alcuni disturbi di tipo metabolico e oncologico che coinvolgono direttamente l’apparato scheletrico. Si tratta dunque di farmaci che non devono assolutamente essere demonizzati. Tuttavia, la loro somministrazione non è esente da rischi.
Rischio di osteonecrosi
I bifosfonati agiscono prevalentemente sulle zone in cui la sintesi ossea è più marcata e questa ha come inevitabile conseguenza una netta inibizione del riassorbimento dell’osso.
Nei casi in cui le patologie che necessitano di somministrazione di bifosfonati riguardino l’apparato scheletrico e siano benigne, pensiamo ad esempio all’osteoporosi, il prodotto viene somministrato in piccole dosi per un periodo lungo, assumendolo per via orale.
In caso di patologie oncologiche, le dosi necessarie devono inevitabilmente essere molto superiori. In questo senso solitamente si procede con somministrazioni endovenose.
Una particolarità che non deve assolutamente essere sottovalutata riguarda il fatto che i bifosfonati tendono a depositarsi sulle ossa e, a lungo andare, possono avere conseguenze piuttosto serie come, ad esempio, una lesione dell’osso mandibolare o mascellare. Purtroppo, l’osteonecrosi è una condizione molto grave, che tende a peggiorare in maniera costante ed è estremamente complicato riuscire a guarire.
Gli studi e le statistiche oggi non sono in grado di definire, con assoluta certezza, il numero dei pazienti effettivamente colpiti da osteonecrosi causata da bifosfonati o altri farmaci, ad ogni modo si stima che possano essere una percentuale abbastanza importante e meritevole di ulteriori indagini, anche per capire qual è il meccanismo che scatta e che quindi porta all’insorgenza della patologia.
Quali sono le conseguenze?
Prima di tutto bisogna fare una doverosa premessa: l’osteonecrosi può essere del tutto asintomatica per diversi mesi, rendendo quindi quasi impossibile la sua diagnosi. Nella stragrande maggioranza viene scoperta nel momento in cui si nota un’esposizione ossea nel cavo orale.
Quando la malattia avanza e diventa sintomatica, i pazienti possono essere affetti da ulcerazione eritematosa, sanguinamento, lesioni che si amplificano e così via.
In linea di massima possiamo affermare che, tendenzialmente, i pazienti affetti da osteoporosi hanno una diagnosi di patologia necrotica meno grave rispetto a coloro che hanno problemi oncologici.
Inoltre, per colpa del forte dolore, anche l’igiene orale subisce gravi ripercussioni. Meno pulizia significa maggior rischio di sviluppare problematiche come alitosi o ascesso.
Cosa fare prima di iniziare il trattamento
Prima di iniziare il trattamento a base di bifosfonati, i pazienti dovranno essere sottoposti a un controllo odontoiatrico. Questo serve per poi determinare quale deve essere la terapia adeguata.
Qualora il paziente debba sottoporsi a interventi chirurgici dentali, occorre posticipare la somministrazione di bifosfonati in attesa di guarigione completa.
Una volta iniziato il trattamento, sarà opportuno effettuare dei controlli regolari per valutare lo stato di salute del paziente e l’andamento della terapia.
Nel caso di pazienti asintomatici, è comunque necessario un controllo odontoiatrico.
Cosa fare quando inizia la terapia
Solitamente si tende a trovare soluzioni che siano le meno invasive possibili.
Qualora siano all’orizzonte interventi chirurgici orali è bene che l’odontoiatra si confronti con il medico specialista per valutare il rischio di osteonecrosi.
Qualora il paziente sia sintomatico, verrà immediatamente indirizzato verso l’odontoiatra il quale analizzerà la situazione e, per prima cosa, ridurrà il dolore con terapie specifiche e non invasive.
Si può sospendere la terapia in caso di intervento maxillo-facciale, ma la sospensione deve essere valutata attentamente, in quanto potrebbe comportare dei rischi.